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Writer's picturePaolo Grandi

I SEGNI DEL POTERE - Realtà e immaginario della sovranità nella Roma imperiale

Vi siete mai chiesti quali erano i simboli del potere antichi nella Roma degli imperatori? Da un eccezionale scavo da una piccola, in realtà, ma ricca fossa tardoantica a Roma sono stati ritrovati oggetti appartenenti al corredo imperiale in uno degli ambienti voltati di età neroniana. Alcuni simboli sono certamente molto noti in quanto sono stati utilizzati nei secoli successivi dalle istituzioni di potere che si sono succedute, come gli scettri, i vessilli, le hastae. Ma all'epoca a quale imperatore erano appartenuti?


Scopriamolo insieme attraverso un estratto del saggio scientifico della prof.ssa Clementina Panella, archeologa e docente all'Università di Roma La Sapienza.

 

Le evidenze qui riportate derivano da uno scavo della pendice nord-orientale del Palatino nel 2005. L’edificio, da cui questo insieme di oggetti proviene fa parte delle costruzioni che spettano alla Domus Aurea. Da una piccola fossa praticata nella pavimentazione di uno dei vani appartenenti alla maglia di strutture che sostengono la terrazza neroniano/flavia, ancora in uso in età tardoantica sono emersi undici reperti.


Iniziamo con gli scettri. Lo scettro corto (alto nel complesso 24 cm) con sfera in vetro verde, è uno dei reperti maggiormente intatti. La sfera era stata realizzata facendo rotolare più volte, su un piano, una massa di vetro fusa raccolta all’estremità di un’asta metallica, ed era alloggiata su una corona di 8 petali in ferro forgiato. È stata rinvenuta anche una sfera in calcedonio (una pietra di colore azzurro pallido), che costituisce la sommità di un altro scettro, probabilmente corto e con impugnatura conica. La superficie della sfera presenta, in corrispondenza dei poli di perforazione, due appiattimenti funzionali all’alloggiamento di un elemento superiore (quasi certamente un’aquila) e della sottostante impugnatura. Questi due elementi dovevano essere tenuti insieme da un perno che, attraversando il foro passante, assicurava il loro fissaggio al globo in calcedonio, rendendo solidali queste tre diverse componenti. C’è stato infine il ritrovamento di un terzo scettro con due sfere di vetro di colore giallo con sfumature tendenti al verde. Le sfere sono state realizzate facendo rotolare più volte su un piano una massa di vetro fusa raccolta all’estremità di un’asta metallica. Probabilmente erano rivestite in origine da una patina dorata.


Le lance da parata sono un altro reperto che testimonia il potere. Delle lance rinvenute restano solo le parti metalliche. L’identificazione con oggetti cerimoniali piuttosto che con armi vere e proprie, dipende dalla loro forma, dal tipo di finitura, dalla mancanza dei fori per l’aggancio delle aste in legno e dalla mediocre qualità del ferro. Abbiamo un primo esemplare con punta di lancia a sei lame in ferro e cannula in ferro ed oricalco. Questo esemplare è costituito da una cannula in ferro ed oricalco, la cui parte sommitale è caratterizzata da una cuspide per l'appunto a sei lame interamente in ferro sostenuta da una corona di petali. Sui petali in oricalco sono visibili una serie di solcature disposte longitudinalmente che suggeriscono le nervature del fiore. Le lame in ferro erano ricoperte da legno di pioppo, le cui tracce si arrestano all’altezza della corona di petali. C’è poi un altro esemplare con punta di lancia sempre a sei lame in ferro ed oricalco e cannula in oricalco. A differenza della precedente punta, la lega rilevata sui segmenti che formano la cannula presenta leggere differenze rispetto a quella con cui sono stati realizzati i petali. Sulla cannula sono visibili consistenti tracce di tessuto, avvolto a spirale ed in più strati, attribuiti ancora una volta alle stoffe degli stendardi.


Veniamo ora alle lance portastendardo. Si tratta di due coppie di lance, di cui si sono conservate solo le parti metalliche. L’ipotesi che esse siano i supporti di stendardi piuttosto che lance da cerimonia è suggerita dalla presenza di alette sulle cannule, dal tessuto rinvenuto in grande quantità nella fossa e, per le punte in ferro. Abbiamo una punta di lancia a lama romboidale ed alette laterali in ferro, che risulta costituita da una lama e da una cannula ottenute tramite battitura e forgiatura da massello. La lama ha un profilo a losanga. Del tutto simile alla prima è il secondo esemplare di punta di lancia a lama romboidale ed alette laterali in ferro, sempre costituita da una lama e da una cannula ottenute tramite battitura e forgiatura da massello. Il terzo esemplare è una punta di lancia con lama a foglia di salice in ferro e cannula con alette laterali in oricalco, che risulta realizzata tramite battitura, forgiatura da massello e successiva polimentazione a freddo. Essa presenta una forma a foglia di salice, con sezione trasversale quadrangolare. Le alette costituiscono le staffe che assicurano la stabilità della punta in metallo sull’asta di legno, dall’altra potrebbero funzionare da gancio dei lacci di uno stendardo. Ricordano nel complesso una foglia stilizzata. Infine, il quarto oggetto è una punta di lancia con lama a foglia di salice e cannula con alette laterali in oricalco. Le alette fungono da staffe dell’asta in legno e forse da gancio per i lacci di uno

stendardo. La punta ha restituito consistenti tracce di legno di pioppo (attribuite ad un astuccio), in parte conservate al momento del restauro ed ancora visibili. Sulla cannula si conservano, invece, tracce di tessuto, riferite, ancora una volta, alla stoffa in cui erano stati avvolti gli oggetti. Erano tessuti colorati e forse ricamati in oro, attribuiti che hanno lasciato quasi unicamente le impronte sulle parti in metallo non rivestite di legno.


Accertate la natura del contesto (un corredo imperiale seppellito in un momento di pericolo del “titolare” e non più recuperato) e la sua datazione (inizi del IV secolo), una particolare attenzione è stata dedicata alle iconografie in quanto riflesso del quadro ideologico a cui fa riferimento la rappresentazione del potere attraverso i suoi simboli, e alle istituzioni politiche, militari e religiose connesse alla dignitas del principe. Il ritrovamento risulta perciò inserito non solo all’interno di un sito e di una sequenza stratigrafica specifica, ma soprattutto all’interno di un processo storico e ideologico di lunga durata. La cronologia raggiunta attraverso l’incrocio tra dati di diversa natura (stratigrafici e archeometrici) ha consentito di presentare l’ipotesi che il titolare di questo insieme di “segni” fosse Massenzio (306-312 d.C.), ucciso da Costantino a Ponte Milvio.



Le immagini sono tratte dalla rivista scientifica a solo scopo divulgativo e non commerciale.


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