Passiamo ora dall’Italia all’Inghilterra, dove ormai da anni sulla scena è apparso il fenomeno mediale per eccellenza, Damien Hirst, il più famoso e contestato artista del gruppo degli Young British Artists. Secondo la prof.ssa Silvia Evangelisti, l’esempio inglese è molto interessante, poiché testimonia una “strategia” di investimento culturale sull’arte contemporanea non consueto, neppure negli Stati Uniti. Tra scandali e polemiche i riflettori del mondo si sono accesi e puntati sulla “situazione” inglese, richiamando l’attenzione di galleristi, critici, curatori e collezionisti.
Tutto ciò si è verificato anche grazie all’intervento di un importante collezionista, di mestiere, non a caso, uno dei maggiori esperti di comunicazione del mondo, Charles Saatchi che, nel 1997, organizza alla Royal Academy di Londra la mostra Sensation in cui riunisce i lavori di un gruppo di giovani artisti che operavano a Londra, e che ben poco avevano in comune, se non quella posizione di “opposizione” ironica e “perversa” alla società loro contemporanea. La mostra consacrò i partecipanti come il fenomeno più interessante degli ultimi vent’anni e li fece conoscere al mondo sotto la sigla YBA (Young British Artist). Fra questi Damien Hirst, Tracey Emin, Chris Ofili, Martin Maloney, Peter Doig che hanno segnato indelebilmente la cultura visiva inglese, e non solo, con presenze nelle più importanti manifestazioni pubbliche e performance esaltanti al botteghino delle aste internazionali. Saatchi da buon pubblicitario sostenne questi artisti facendo sì che ogni loro apparizione fosse circondata da curiosità e scandalo. A partire dalla fine degli anni Ottanta, la Gran Bretagna ha visto una grande attenzione per l’arte contemporanea, per le tendenze più moderne, e con essa la fortuna dei suoi artisti a livello internazionale. A partire dal 1984 in più la Tate Gallery ha istituito un prestigioso riconoscimento per i giovani talenti, chiamato Turner Prize grazie al quale molti degli YBA sono stati immessi nel mercato dell'arte e resi ufficialmente accettabili per la società. Il loro atteggiamento estremo in un certo senso deriva dalla situazione in cui hanno vissuto a partire dagli anni Ottanta quando la crisi economica, la disoccupazione, l’emarginazione sociale soprattutto nelle periferie degradate producono in essi una "risposta" ad una tale situazione politico-sociale interna, anche se per molti aspetti, un tale clima può essere messo in relazione con la condizione degli altri paesi del mondo occidentale.
La "risposta", dunque, della giovane generazione di artisti inglesi è quella di rifiutare un rapporto diretto con la società ufficiale, opponendosi non con una rivolta di gruppo dalle implicazioni sociali come era avvenuto alla fine degli anni Sessanta, bensì con una rivolta personale, in un certo senso intimistica, in cui viene rimesso in discussione il rapporto tra il singolo e la società, a partire dalla propria individualità ed identità, dal proprio corpo così come dalla natura, dai prodotti della società massmediologica rivisti e riletti attraverso i suoi stessi sistemi di funzionamento.
Strumenti privilegiati sono il kitsch, l'ironia, l'horror, la volgarità: tutti elementi "vincenti" nella società mediale contemporanea.
Vediamo solo alcuni esempi paradigmatici.
L'ironia ed una certa sospensione surreale sono il centro della sperimentazione di Gavin Turk (nato nel 1967). Una sperimentazione che è una rivolta ad una revisione del mondo dell'arte e dello spettacolo, mettendo in ridicolo la figura della star, sia essa riferita - come vediamo in “Pop” del 1993 - al mondo della musica (la figura di cera sottovetro rappresenta il cantante del gruppo Sex Pistols, Sid Vicius morto suicida) che quello dell'arte (la posa del personaggio ricalca quella dell’Elvis Presley di Andy Warhol).
La fragilità e la caducità dell'identità della star si ritrova poi anche nell'individuo comune, la cui identità è continuamente minacciata dall'immagine esterna che ciascuno vuole - e deve - darsi, sino a mascherarsi in modo ridicolo: “Cripple” (Incapace, inetto), del 1999, busto in bronzo che rappresenta l'immagine (dell'artista o di ciascuno di noi che osserva l'opera) di un individuo incapace di affrontare la società.
Il corpo e l'identità sono grandi temi che coinvolgono profondamente l'arte contemporanea e su cui già da anni lavorano le ultime generazioni di artisti.
La ricerca Marc Quinn (nato nel 1964) si incentra sul concetto di metamorfosi: partendo dal proprio corpo, costruisce un "essere" (se stesso) in cui è rappresentata visivamente - fisicamente sdoppiata - la doppia natura dell'uomo: corpo e mente, spirito e materialità: “No Visible Means of Escape”, del 1996.
L'horror e l'ironia sono gli strumenti privilegiati dalla coppia Jake e Dinos Chapman per testimoniare la crisi dei valori estetici del nostro tempo, in bilico tra bellezza e perversione, rigetto e fascino dell'orrore. Prendendo spunto dalla storia dell'arte, essi "traducono" in raccapriccianti modellini plastici scene tratte dalle famosissime incisioni di Goya (I Disastri della guerra): “Great Deeds Against The Dead”, del 1994 è una ricostruzione fedele in tre dimensioni dell'incisione di Goya "Grandes Hazañas Contra Los Mortos", i cui soggetti vengono trasformati in tableau vivant di manichini di fibreglass dalla "bellezza" perversa e orribile. “Zygotic”, del 1996, presenta una bizzarra ed inquietante raffigurazione di mutazione genetica, il cui risultato sono "gemelli siamesi" multipli che costituiscono un orribile essere in un qualche modo "meraviglioso" alla vista, come un fenomeno da baraccone di una fiera, versione aggiornata e rivista della donna barbuta o dell'uomo a due teste. Lo spunto sono, chiaramente, i manichini delle vetrine dei negozi, con la loro stereotipata finta-vera bellezza (gli occhioni blu, i capelli fluenti). Fino alle più recenti “teche” in cui vengono ricostruiti miniaturizzati episodi di terribile violenza collettiva (“Vision of Hell”, del 2002).
Ma certamente, il più famoso artista inglese della sua generazione è Damien Hirst che vediamo nel prossimo appuntamento.
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