Oggi vogliamo parlare di Ludwig Mies Van der Rohe, un architetto e designer tedesco nato ad Aquisgrana nel 1886. Esponente principale del Razionalismo, diventò direttore della Bauhaus nel 1930 ma è a partire dal 1920 che inizia a progettare particolari strutture avvolte da un involucro di vetro, alla ricerca di essenzialità e trasparenza.
Lo vediamo in un’opera fondamentale della fine degli anni Venti: il Padiglione tedesco realizzato in occasione dell'Esposizione Universale tenutasi a Barcellona nel 1929. Mies Van der Rohe ricevette la commissione dal governo tedesco molto tardi per l’inizio dei lavori così come indicazioni sul “concept” molto alte, quali “dare voce allo spirito di una nuova era”. L’architetto si mise all’opera che venne completata puntualmente nel maggio 1929, ma l’edificio a causa della fretta nella costruzione aveva dei problemi strutturali al tetto tali che si decise di distruggerlo nel 1930. Solo negli anni Ottanta, studiando accuratamente le fotografie dell’epoca e il progetto dell’artista, fu ricostruito da un gruppo di architetti spagnoli ed oggi è possibile visitarlo. Si trova nello stesso luogo che aveva occupato, proprio accanto alla Fontana Magica.
L’edificio concepito da Mies è formato da un volume a pianta rettangolare, basato su un modulo quadrato da 1,09 metri, nel quale gli spazi fluiscono, uno nell’altro, senza suddivisioni rigide. Questo corpo principale è collegato da un passaggio esterno, sottolineato dalla presenza di una lunga panca in pietra, a un piccolo edificio di servizio. Tutto il complesso è impostato su un podio rivestito in travertino romano. I due edifici sono coperti da tetti piani formati da lastre molto sottili; quello del padiglione principale è realizzato con una struttura incrociata di travi a doppia T in acciaio ed è supportato da otto pilastri cruciformi in acciaio cromato e da una serie di pilastri scatolari occultati nelle pareti. Questa soluzione, unita al colore bianco con cui è dipinto l’intradosso fa sì che la copertura sembri “galleggiare”, come se fosse priva di supporti.
Un importante elemento del progetto è l’acqua. Mies include nel padiglione due specchi d’acqua. Quello più grande, che si trova all’ingresso, ha la funzione di riflettere il padiglione e di conferirgli ulteriore leggerezza visiva; il secondo, più nascosto e privato, si trova all’estremità est dell’edificio e dialoga con “La ballerina”, scultura in bronzo di Georg Kolbe.
Oltre all’edificio, Mies van der Rohe e Lilly Reich disegnarono per il padiglione anche tutti gli arredi, in particolare una poltrona in acciaio lucido e pelle trapuntata color avorio, poi divenuta una vera icona del design del 900, la celebre Sedia Barcellona, ancora oggi prodotta da Knoll.
Il padiglione è considerato una delle quattro opere canoniche dell’architettura del movimento moderno, insieme all’edificio della Bauhaus di Walter Gropius, la villa Savoye di Le Corbusier e la Casa della Cascata di Frank Lloyd Wright.
Un’altra opera tra le più note di Mies, considerata Patrimonio dell’Umanità, è la Villa Tugendhat a Brno nell’attuale Repubblica Ceca. Concepita e realizzata negli stessi anni del Padiglione di Barcellona, tra il 1928 e il 1930, presenta ormai tutti gli elementi che costituiscono il vero statement artistico di Mies: uno spazio fluido e continuo, essenzialmente privo di una distinzione rigida tra interno ed esterno, una struttura con pilastri portanti in acciaio a vista all’esterno, dove la posizione dei muri interni non dipende più da vincoli strutturali, ma da motivi di tipo organizzativo e funzionale.
La villa si sviluppa su due livelli seguendo l’andamento del terreno, in una perfetta integrazione tra architettura e paesaggio. Mies Van der Rohe si occupa anche qui del progetto dei materiali delle pareti divisorie (onice, legno e vetro) e degli arredi.
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