Ritorniamo per un attimo sulla rotta della Pop Art, da cui avevamo deviato per parlare dell’Arte Povera, del Concettuale e del Comportamentale. Oggi prendiamo in esame un artista italiano, particolarmente trendy sul panorama internazionale: Maurizio Cattelan.
Cattelan è un artistar che, a differenza di Warhol e del suo erede Koons, non gioca la sua fama sulla presenza personale sui media, essendo anzi piuttosto schivo ai media, forse anche in modo calcolato e strategico per far sì che più si parli di lui, ma nessuno può confermarlo. Resta il fatto che raramente si mostra in pubblico nonostante la sua mondanità e presenza agli eventi più glamour. Normalmente non rilascia interviste o dichiarazioni sulle sue opere, il tutto a beneficio di una certa aura di enigmaticità che rende il personaggio così ancor più al centro dell’attenzione.
Nel 2009, in modo calcolato e provocatorio, inventò la trovata di farsi sostituire mandando un noto personaggio del mondo dello spettacolo come il cantante Elio (Stefano Belisari), il quale ritirò il suo Premio alla Carriera della XV Quadriennale d'Arte di Roma, al MAXXI, spacciandosi per l’artista. Allo stesso modo, nel 2013 all’Accademia delle Belle Arti di Bologna, in occasione del Premio Alinovi, inviò il duo comico composto da Francesco Mandelli e Fabrizio Biggio, “I soliti Idioti”, con i due comici che erano in abito talare. A Cattelan, infatti, piace esporre sé stesso in più in chiave autoironica che autocelebrativa.
Il debutto espositivo avvenne alla GAM di Bologna, dove presentò “Stadium 1991”, lunghissimo tavolo da calcetto, con undici giocatori senegalesi e altrettanti scelti tra le riserve del Cesena Calcio, lavoro che arriva subito dopo “Strategie” (1990): qui oltre alla componente provocatoria/contestativa aggiunge così anche l’elemento della furbizia; dopo aver acquistato 500 numeri di Flash Art, tra le riviste più influenti di arte contemporanea, Cattelan costruisce un castello di carta, una piramide, con una serie di copie della stessa rivista. La provocazione, come suggerita dal titolo (elemento sempre fondamentale nelle sue opere, parte integrante del lavoro) è nei riguardi del mondo dell'arte e dei suoi simboli, come la rivista Flash Art, allora l'unica rivista d'arte contemporanea italiana accreditata a fare la fortuna di un artista.
Altro lavoro che stigmatizza il mondo dell'arte, e dunque il sistema, è “A perfect day “del 1997: una sorta di performance in cui l'artista "inchioda" alla parete il gallerista (Massimo De Carlo), una simbolica vendetta dell'artista nei confronti del potere del mercato, rappresentato appunto dalle gallerie d'arte.
L'anno d'oro di Cattelan è il 2001, quando realizza alcune delle sue opere più famose, come “La Nona Ora”, che riprende, a grandezza naturale, Papa Giovanni Paolo II colpito da un meteorite. In questo caso il suo intento era servirsi della religione come pretesto per creare un’opera d’arte dissacrante e fastidiosa.
Ancora nel 2001, in occasione della Biennale di Venezia, presentò, come evento collaterale, la scritta “Hollywood” eretta a caratteri cubitali sulla collina di Bellolampo, nella Conca d'Oro di Palermo, sopra una discarica, creando un evento che è parte integrante dell’opera e dell’operazione. L’installazione, alta 22 metri e lunga 180, riporta la scritta emblema delle star americane, prendendosi gioco dello star system. Un’opera che provoca anche la società stessa, con lo scopo di attivare, attraverso lo scandalo, nella gente riflessioni sulla società contemporanea. Emblematica è stata a tal proposito anche “L.o.v.e.” del 2010, il famoso gigantesco dito medio alzato, in marmo bianco, posto davanti alla sede della Borsa di Milano.
Lo spirito provocatorio dell'artista non si ferma davanti a nulla, neppure quando gli viene offerta una occasione che è culmine della carriera e legittimazione definitiva del successo per qualsiasi artista internazionale: allestire una grande personale al Salomon Guggheneim di New York, nel 2011. Un museo difficile da allestire per eccellenza, concepito come opera architettonica in sé stessa che offre spazi disagiati alle opere che vi vengono collocate. Cattelan sfida Frank Lloyd Wright con un allestimento strampalato ed inaspettato, collocando centoventotto opere a penzolare appese a una griglia nel grande vuoto centrale della rotonda del Salomon Guggenheim Museum. Cattelan, appendendo tutte le opere esposte insieme, crea una sorta di albero della cuccagna, disordinato ed improbabile. Un'altra sfida al sistema dell'arte.
Per finire ricordiamo “America” del 2016. Si tratta di una scultura a forma di water realizzato con 103 Kg d’oro 18 carati, perfettamente funzionante. L’opera d’arte mette così in relazione gli spettatori tramite l’utilizzo. Il water è stato rubato al Blenheim Palace di Oxford dove era esposto ma l’opera è parte della collezione del Museo Solomon R. Guggenheim di New York. Potrebbe ricordare un’interpretazione contemporanea della scultura Fountain di Marcel Duchamp. Il Guggenheim ha legato il significato della scultura alla carriera di Donald Trump, ma lo stesso
artista ha rifiutato di fornire un'interpretazione del suo lavoro, che aveva concepito prima della candidatura presidenziale di Trump.
L’artista, e in questo ci può stare un parallelo con il grande Duchamp, è un comunicatore che utilizza i media per parlare ad un pubblico più vasto: attraverso gli strumenti mediali crea ex novo e allo stesso tempo sfrutta qualcosa di già fatto che rispecchi la società.
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