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Immagine del redattorePaolo Grandi

Rubrica Awalkin.Art: continuità del movimento moderno, ricostruzione, postmodernismo

Aggiornamento: 13 mag 2021

Il Movimento Moderno e conseguentemente il Post Modern in Europa assume connotati differenti. Nell’opera di alcuni architetti si respira un ritorno all’organicismo wrightiano. Lo vediamo in Giovanni Michelucci con la sua realizzazione della Chiesa di San Giovanni Battista sull’autostrada del Sole nei pressi di Firenze. Un’opera dei primi anni Sessanta che è metafora di un incontro di culture e religioni diverse, parallelo a quello delle popolazioni in una strada. Bellissimo insieme di luce, struttura e spazio.

In Francia Le Corbusier realizza sempre tra la fine degli anni Quaranta e la metà degli anni Sessanta nuovi capolavori di indirizzo organicista e mistico, come la cappella di Notre-Dame-du-Haut a Ronchamp (1950-55). Qui, l’artista usa i canoni dello stile architettonico detto Brutalismo. Una costruzione in calcestruzzo armato costituita da un’unica navata di forma irregolare. Il senso della leggerezza è ottenuto dalla copertura che non poggia direttamente sulle pareti, ma su corti pilastrini nella muratura delle stesse. La luce entra da decine di aperture (feritoie, finestre, vetrate, frangisole). Durante la fase di ricostruzione post-bellica, Le Corbusier accentua il suo impegno etico nell’arte. Nell’Unità d’abitazione a Marsiglia (1947-53) applica il concetto di “modulor”, proporzione modulare basata sulla misura di un uomo alto 1,83 mt, finalizzata a realizzare spazi abitativi a misura d’uomo.

Negli anni Sessanta in Italia c’è il problema della ricostruzione e così si delinea in architettura la tendenza ad integrare pienamente tecnologia e invenzione formale. Lo vediamo nel Palazzo del Lavoro a Torino (1961) realizzato da Pier Luigi Nervi.

Nelle opere di Renzo Piano di quegli anni non solo per l’Italia, ad es. il Centre Pompidou di Parigi (1977) progettato insieme a Richard Rogers: un edificio audacemente colorato e dalla struttura evidente, che svetta e diventa uno dei simboli dell’architettura del XX° secolo. Tra il 1987-90 Renzo Piano progetta lo Stadio San Nicola di Bari: l’idea qui è quella di creare un effetto di un’astronave-stadio atterrata su di un cratere circondato dal paesaggio pugliese.

In Italia c’è altresì la ricerca, essendo un paese ricco culturalmente, di un armonioso equilibrio tra antico e moderno. Nasce quindi l’idea di restaurare antichi edifici da adibire a musei: ecco il Museo di Castelvecchio a Verona progettato da Carlo Scarpa nel 1957-64 e i collegi universitari di Urbino di Giancarlo De Carlo realizzati in due tappe a inizio anni Sessanta e tra il 1973/83.

La tendenza negli anni Settanta in opposizione al razionalismo del Movimento Moderno sono definite Postmodern, secondo una definizione di Charles Jenks in “Linguaggio dell’architettura postmoderna del 1977”. Quali sono i concetti sottesi? Sicuramente quello di “fine della storia” tratto da Arthur Danto, la perdita di fiducia nella possibilità dell’arte di influire positivamente sulla realtà. A differenza del Movimento Moderno, il Postmodern va alla riscoperta delle tradizioni nazionali locali, del gusto per l’ornamento/decorazione, citazione stili passati anche in chiave ironica.

Citiamo due esempi internazionali: la Brant House a Tucker Town, Bermuda, 1975 realizzata da Robert Venturi e l’AT&T Building a New York di Philip Johnson e John Burgee realizzata tra 1978 e il 1982.





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